giovedì, marzo 1

Fucking Amal - giovedi 1 marzo Piazza Scaravilli Aula 3


Film datato 1998, Fucking Amal, forte di un successo strepitoso in patria, è stato recuperato in extremis dalla formidabile KeyFilms, giovane e sorprendente casa di distribuzione dalla quale oramai difficilmente potremmo fare a meno. Questo (bellissimo, diciamolo subito!) film segna l'esordio alla regia del trentenne svedese Lukas Moodysson, che un tempo fu poeta e che del poeta ha conservato la leggerezza, la classe e la delicatezza del tocco, imponendo così a questa esile trama un incedere sobrio e misurato, lontano anni luce dalla volgarità o dai codici stilistici del cinema adolescienziale, forse il più temibile tranello in cui era facile cadere. Ciò che più di ogni altra cosa rimane quando le luci si riaccendono sono soprattutto due indimenticabili personaggi femminili, caratterizzati magistralmente e magnificamente interpretati dalle sorprendenti Rebecca Liljberg (Agnes) e Alexandra Dahlstrom (Elin). Modysson sembra dapprima volerle scrutare da lontano, lasciando quasi che le cose accadano da loro ma improvvisamente vediamo i volti ingrandirsi sullo schermo con zoomate repentine e inattese, quasi a voler mettere in evidenza quale sia il reale oggetto del film, ovvero l'evolversi dei sommovimenti interiori delle due protagoniste, attorniate da uno stuolo di personaggi volutamente scoloriti e vuoti, dai quali le due ragazze prenderanno a poco a poco le distanze. Buona parte dell'azione si svolge in interni, negli interni di quegli appartamenti provinciali e piccoloborghesi dai quali Moodysson si dice da sempre attratto e ossessionato, pervaso dalla curiosità nei confronti dei personaggi che li popolano e dalle storie che vi si snodano all'interno. Le camera di Agnes è fragile rifugio dal mondo esterno e dalla sofferenza e le sue mura sono valicate spesso dalle incursioni dei genitori, presenze estranee e spesso poco discrete. Nella casa di Elin non ci sono specchi, si consumano litigi tra sorelle, mentre la madre affoga nel torpore televisivo e nella stanchezza di un lavoro notturno. Ancora noia, incomprensione, comunicazioni impossibili. Viviamo la lenta, sofferta, difficile presa di coscienza della propria sessualità da parte di Elin attraverso la stanchezza del suo rapporto con un coetaneo innamorato di lei, attraverso l'allontanamento dalle sue instabili certezze e i silenzi che irrompono tra lei e le persone che la circondano. La tensione accumulata nello svolgersi degli avvenimenti cresce a dismisura nel suo implodere in uno spazio chiuso (il bagno della scuola) per poi esploderne al di fuori in una sequenza bellissima che trascina con sé il dolce sapore della rivolta. Moodysson è riuscito magistralmente a filmare tutta la purezza e l'innocenza di un rapporto di coppia "non convenzionale" tra due personaggi sofferti e sofferenti, in lotta contro i confini di una sessualità "imposta", che trova la propria roccaforte nella "merdosissima Amal" ("se tu vivessi a Stoccolma scommetto che potresti avere tutte le ragazze che vuoi"), fredda prigione nell'inferno della morale borghese dominante.Una piccola annotazione sul titolo (negli USA vergognosamente censurato e sostituito con il più rassicurante "show me love"): Fuckin Amal= Fucking 'em all?